giovedì 26 aprile 2007

Movimenti, Diritti Civili, Aprile 2007, pagina 8



Basta carceri!
Riflessioni su Indulto e Amnistia

L’indulto approvato a fine luglio è stato un atto di giustizia sostanziale, le ragioni della politica, dobbiamo ammettere davvero misere, lo hanno trascinato per lunghissimi anni in dibattiti altrettanto miseri. Lasciando nel frattempo le gabbie strapiene di esseri umani, poveri, ridotti al rango di bestie, donne e uomini umiliati nell’era dello smantellamento dello stato sociale.
La questione dell’esecuzione penale e della giustizia in Europa deve essere prima di tutto una questione culturale, perché se il carcere esiste, esso esiste in quanto raccoglitore di disagi diversi, disagi tutti caratterizzati dalla volontà di escludere, segregare, contenere e nascondere gli scarti sociali che la nostra società esprime. Leggendo i dati del DAP degli ultimi venti anni, difficilmente riusciamo a vedere il carcere come la soluzione alle illegalità e alle criminalità. Chiunque legga questi dati, dai numeri alla composizione sociale, rimarrà sorpreso nel notare che è più facile individuare dentro le percentuali gli stranieri, prostitute, tossicodipendenti, meridionali, insomma i cosiddetti “ladri di polli” che per la loro condizione perdono qualsiasi contatto con la società, o peggio, con la parte più produttiva e consumistica della società.
Chiunque abbia avuto a che fare con le gabbie, magari da un parente, o perché semplicemente ci lavora o fa del volontariato, sa che gli ultimi anni sono stati particolarmente devastanti dal punto di vista dell’aggravamento delle condizioni di vita e di lavoro, di mancato rispetto dei diritti civili e umani, e di peggioramento complessivo del sistema della giustizia penitenziaria.
Se parliamo di sanità in carcere, non possiamo non parlare del massacro sanitario partito prima del 2004, e cresciuto fino all’indulto:
7,5 % detenuti positivi al test per l’HIV 38 % detenuti positivi ai test per l’epatite C. 48 % detenuti positivi a quello per l’epatite B. 7 % detenuti che presentano l’infezione in atto. 18 % risulta positivo al test della TBC.
La visione culturale della Sinistra, del mondo laico, non dovrebbe essere certo quella del braccialetto elettronico e della tolleranza zero, visioni della giustizia ancora vive dal primo governo Prodi. Al contrario l’indulto ci ha costretto tutti a misurarci con i sentimenti più profondi di odio sociale e di vendetta. I diritti umani sono incancellabili, insostituibili e indivisibili, e fra tutti i diritti, i primi che gli stati dovrebbero rispettare sono il diritto alla vita e all’integrità personale.
MovimentiIl rischio dell’estinzione dei diritti umani lo leggiamo nei pestaggi, nelle vessazioni psicologiche, nelle violenze e nelle umiliazioni reiterate all’interno di carceri sovraffollate con detenuti costretti a vivere in condizioni igieniche critiche, così viene descritto i sistema penitenziario italiano nel rapporto “Dentro ogni carcere” realizzato dall’Osservatorio di Antigone tra 208 istituti di pena in Italia. Le carceri dopo l’indulto si sono svuotate, ma dentro le sbarre si continua a morire, dal 1 gennaio 2006 al 31 luglio 2006, nelle gabbie italiane si sono uccisi 4 detenuti al mese, e 3 negli ultimi 5 mesi. Comunque troppe e preoccupanti, nonostante le riduzioni e l’esodo provocato dall’indulto. I dati elaborati dall’associazione “Orizzonti Ristretti” con il dossier “morire di carcere” parlano chiaro:
Mese di Aprile 2007 Perché libertà è partecipazione!dietro le sbarre i detenuti continuano ad uccidersi, nel 2006 sono stati 42 i carcerati che hanno deciso di farla finita, impiccandosi o soffocandosi in buste di nylon.
Proprio perché il nostro impianto costituzionale è incentrato sul principio di legalità ed eguaglianza, con la bestiale contraddizione dell’assenza di diritti dentro il carcere, allora è necessario un nuovo provvedimento di clemenza, che deve però essere accompagnato dalla diffusione e dal potenziamento delle misure alternative alla detenzione.
Foto della manifestazione antimperialista a Capo FrascaUn Amnistia, che contenga il reinserimento sociale dei detenuti al termine della pena, che contenga il sostegno alle famiglie dei detenuti, alle donne detenute, alle madri – detenute e ai loro “figli reclusi”. Se nella dimensione legislativa riusciremo a costruire un rapporto diverso tra il reato e la pena, sono convinto si possa arrivare all’Amnistia, ma, contemporaneamente sarà necessaria la costruzione di un pensiero più moderno nella visione della giustizia in Italia, un pensiero che non tenga conto delle voci che provengono dagli stomaci delle società. Una visione di giustizia consapevole che le prigioni sono un invenzione del medioevo, e che l’uomo moderno debba individuarne il superamento. Non si tratta di liberarci delle carceri intese in quanto strutture, ma di liberarci e superare l’idea di carcere.

Roberto Loddo
Comitato “5 Novembre” Per i Diritti Civili

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